Tanti parlano di “resilienza”, ma cos’è esattamente?
Il termine deriva dal latino e letteralmente significa “saltare indietro, rimbalzare”. In inglese e francese va a indicare la “resistenza all’impatto”, “robustezza”, “rafforzamento”. In sostanza è la capacità di “tollerare e adattarsi a forti pressioni sociali”, a far fronte e resistere a delle difficoltà riorganizzando la propria vita in maniera positiva e recuperando equilibrio e benessere.
Dipende sia da caratteristiche personali che da caratteristiche che si sviluppano in interazione con l’ambiente.
Come ogni caratteristica psicologica, anche la resilienza ha fattori di rischio e fattori di protezione: tra i primi rientrano, ad esempio, bassa autostima, isolamento sociale, bassa classe sociale, presenza di deficit e disabilità, scarso legame con i genitori; tra i fattori di protezione troviamo invece empatia, intelligenza, buone competenze sociali, fiducia in sé stessi, buoni rapporti con la famiglia di origine, sostegno e accudimento durante l’infanzia, buona rete sociale.
Una particolare forma che assume la resilienza è quella dell’umorismo, “l’umorismo che elude il dolore” e che mette in atto forme di dolore quotidiano tentando di opporvisi attraverso il riso. Benigni ne “La vita è bella”, la tragedia affrontata col sorriso, la fuga per la sopravvivenza.
BIBLIOGRAFIA:
1. “La resilienza: una posizione soggettiva di fronte alle avversità” – Ana Rozenfeld. Fratelli Frilli Editori, 2014 – pg. 33-41.
2. “Vita, morte e lotta nel sito contaminato di Casale Monferrato” – Fanny Guglielmucci. Fratelli Frilli Editori, 2016.
3.”Imparare l’Ottimismo. Come cambiare la vita cambiando il pensiero” – Seligman. Giunti, 1996.